Uguali o disuguali?

Come sempre più spesso capita un post su FB ha sollevato una discussione con amici di notevole, almeno per me, interesse.

Il post commentava l'intervista di Filippo Taddei sull'Espresso in cui si manifestava il carattere fortemente ideologico del pensiero neoliberista, ma all'interno dei commenti nasceva una discussione, tra due amici, che affrontava un tema diverso, ovvero se il capitalismo sia un sistema che aumenti le disuguaglianze o, alla lunga, le diminuisca.

E' noto che il tema è tornato d'attualità a seguito della pubblicazione degli studi di Thomas Picketty nel “capitale del XXI secolo”. Uno degli amici pubblicava il seguente link per smentire gli studi di Picketty  Lo studio citato osserva come il Coefficiente di Gini mondiale stia decrescendo, per cui il mondo sta divenendo più “uguale”. Al netto di altre osservazione di tipo metodologico e statistico sullo studio che è interessante, basta osservare che lo studio prende in considerazione un elemento come determinante: il reddito. Ora questo elemento, pur importante, se utilizzato come unico non ci dice niente sulle condizioni “reali” di vita. Ad esempio posso avere lo stesso reddito di un'altra persona, ma se soffro di una grave malattia le nostre condizioni reali di vita sono molto diverse. Se, però, vivessi in un paese con un ottimo sistema sanitario, universale e gratuito la disuguaglianza “diminuirebbe”. E' la ben nota, o almeno dovrebbe, teoria delle capabilities di Amartya Sen che afferma che controllare l'uguaglianza o la disuguaglianza solo in termini di reddito è fuorviante e poco significativo. Questo risultato nasce dagli studi di Sen sulle carestie indiane che hanno dimostrato che non erano originate da scarsità di cibo, ma dall'esclusione di gruppi sociali dall'accesso al cibo. Insomma comparazioni tra paesi diversi sono sempre difficili. Si noti che ragionare in termine di “capacità” rende tutto molto più chiaro. Infatti il problema non è l'uguaglianza o meno, come dice Sen “uguaglianza di che?”, ma la possibilità “reale” di accedere a quella che riteniamo una vita degna di essere vissuta, che per Sen è la libertà di operare concretamente scelte tra “chance”, ovvero essere libero. La domanda dovrebbe essere: le nostre condizioni concrete di vita stanno migliorando o peggiorando. Sempre Sen osserva che nei paesi ricchi ci sono sacche, anche estese, di “povertà” estrema, ovvero persone che non hanno accesso alle cure o al cibo, pur avendo costoro un reddito pro-capite maggiore di quello di molti paesi del Terzo Mondo. Cominciare a ragionare in termini di “libertà” invece che di “reddito” cambia molto la prospettiva. Posso avere un reddito maggiore, ma minori possibilità di scelta, cioè minore libertà. Anche il tema delle disuguaglianza si pone in termini diversi, se esse aumentano, ma le mie condizioni “reali” di vita non mutano la stessa disuguaglianza perde d'importanza, se alcuni si arricchiscono e con le loro tasse finanziano un sistema sanitario pubblico e gratuito che serve a molti a migliorare le loro condizioni “reali” di vita si è più uguali o disuguali? Il fatto è che l'aumento della ricchezza sembra accoppiarsi ad un' incompatibilità con la libertà, come suggerisce l'intervista di Taddei, e questo conduce ad un'aumento delle disuguaglianze reali anche se le disuguaglianze di reddito diminuissero. Se si taglia la sanità… se la si privatizza...

Per un intervento più completo e tecnico qui un discussion paper di Lavinia Parisi 

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