Una discussione sull'economia

Qualche giorno fa ho partecipato ad un interessante discussione su Facebook tra un amico e un suo interlocutore, a cui ho chiesto l'amicizia senza averla ancora ottenuta. La discussione verteva sulla convinzione del mio amico sul fatto che l'economia non fosse una disciplina scientifica, visto che il mio amico è medico e ricercatore direi che la sua opinione conta :), il suo interlocutore, non ancora amico :), obiettava che prima di sentenziare bisognerebbe aver studiato, ed attentamente, ciò di cui si sentenzia, ed il fatto che sia un professore di economia fa sì che anche la sua opinione conti. Quindi la discussione si spostava su la liceità di un dibattito pubblico (democratico) sulle questione economiche perché investono la vita delle persone contro l'idea che per discutere occorra partire da una base di competenza. Non è una questione da poco in tempi di Stamina e scie chimiche. Stimo ambedue gli interlocutori e quindi sono intervenuto, ma non è importante la mia opinione sulla questione qui, né il fatto che i toni tra loro si siano un po' “accesi” e nemmeno che la discussione con il mio non-ancora amico mi abbia aperto un interessante approfondimento di lettura sulla Teoria Generale, in realtà credo che studiare con il mio non-ancora amico non sarebbe stato semplice :), ma sicuramente sarebbe stato proficuo e molto, ora, invece mi è tornata in mente la discussione perché ho letto una recensione di Fabrizio Galimberti al libro di Anna Carabelli e Mario Cedrini “Secondo Keynes. Il disordine dl neoliberismo e le speranze di una nuova Bretton Woods” Ed Castelvecchi di cui ai due interlocutori offro un passaggio con un sorriso: :)
“Keynes era soprattutto, come lo definisce CC (Nota mia Carabelli-Cedrini i due autori del testo recensito da Fabrizio Galimberti), «un pensatore della complessità». E non aveva illusioni sulle certezze dell’economia.
L’economia è «un metodo anziché una dottrina», scrisse nella Teoria Generale, e l’essenza sta - CC cita da quel grande libro - nella capacità di «ritornare sui nostri passi», «dopo aver raggiunto una conclusione provvisoria isolando a uno a uno i fattori di complicazione», per poter cosi «tener conto come meglio possiamo delle probabili reazioni reciproche dei fattori considerati». Chissà, forse e per questo che Churchill si permise di punzecchiare Keynes. echeggiando,ben prima di Truman, l’esasperazione del politico che chiede pareri ai consiglieri, disse: «Quando chiedo a due economisti la loro opinione su un problema, ho due risposte diverse.
A meno che uno dei due non sia Keynes, nel qual caso avrò tre opinioni»...”