Sulla meritocrazia prima parte

Qualche anno fa scrivevo un articolo sull'idea di "meritocrazia". Venne molto lungo e, perciò, impubblicabile su internet. Lo propongo ora, a puntate, visto che l'idea torna in auge, o non è mai uscita, nel "frasario" politico.

Ascoltando la presentazione del progetto PQM (Progetto Qualità e Merito), fatta dal Ministro Gelmini, ho appreso che c’è un nuovo spin doctor1: Roger Abravanel.

Credo il suo pensiero, che lui riassume con il termine “meritocrazia”, sia così sintetizzabile2:

  • In tutte le società più avanzate il sistema educativo è la leva chiave per realizzare uno dei due valori chiave della meritocrazia, le pari opportunità.”

  • Il sistema educativo italiano ha fallito in maniera drammatica nel suo compito di leva chiave delle pari opportunità e della mobilità sociale, un altro valore essenziale della meritocrazia.”

  • La diffusione di criteri meritocratici metterà in competizione scuole ed università ed i singoli docenti tra loro. “Si otterrà finalmente un “quasi libero mercato” e si innescherà una concorrenza tra gli atenei, che concorreranno per i migliori docenti, ovvero quelli che attraggono i migliori studenti.”

  • Si realizzerà così anche la necessaria separazione tra poche università d’eccellenza, che offriranno didattica e ricerca, e le università di sola didattica, che cercheranno di formare laureati triennali pronti per inserirsi nel mondo del lavoro grazie a una didattica meno orientata a un nozionismo fine a se stesso e più all’intelligenza emotiva (un corso in meno di finanza o chimica, e più formazione per imparare a ragionare, risolvere problemi, comunicare e interagire con gli altri). “

  • “…il problema del nostro sistema educativo non è il suo costo (anche se gli sprechi esistono, soprattutto nell’università) ma la sua drammatica mancanza di equità, qualità ed eccellenza:”

  • Il sistema educativo, che dovrebbe essere il motore della mobilità sociale, in Italia ha fallito miseramente in questo compito.”

  • La scuola in Italia non è la leva per l’ascensore sociale  (il “pezzo di carta” non serve più a nulla e ci sono meno laureati del necessario perché il 3+2 ha fallito).”

Insomma per l’ingegnere Abravanel lo scopo della scuola è quello di permettere la mobilità sociale e una reale equità di opportunità.

Ovviamente non discuterò qui la necessità che la scuola e l’università debbano dare indispensabili competenze professionali. Perché se meritocrazia significa avere medici che sappiano fare il loro lavoro non c’è niente da discutere. Ne contesterò la necessità di avere un sistema nazionale di valutazione, il progetto PQM è interessante. Credo però che il progetto dell’Ing. Abravanel sia diverso e più ampio. Esso è un modello di società in cui i valori della competizione, della selezione, del mercato sono degli assoluti ed in fondo il compito della meritocrazia è quello di selezionare la classe dirigente:

In Italia il sistema di valori è molto meno meritocratico di quello di altre società, come quella nord-americana e scandinava, molto più capaci di assicurarsi che la classe dirigente (il top 1 per cento o 10 per cento, a seconda delle definizioni) sia la migliore possibile….I due valori della meritocrazia, pari opportunità grazie al sistema educativo e libero mercato, sono spaventosamente carenti nella società e nell’economia italiane.”

Da noi si pensa che meritocrazia sia sinonimo di ineguaglianza: è dunque essenziale vincere la “paura della meritocrazia”. Nel saggio dimostro come proprio l’assenza di meritocrazia abbia portato al paradosso che l’Italia è diventata la società più ineguale del mondo occidentale. L’ineguaglianza “statica” (il rapporto tra il reddito del top 10 per cento e bottom 10 per cento) in Italia è altissima, quasi a livello degli USA e Regno Unito; tuttavia questi paesi, avendo una maggiore mobilità sociale, grazie alle pari opportunità, sono meno ineguali. La nostra mobilità sociale (poco misurata, perché non ha interessato molti) è invece molto bassa: siamo dunque il paese più ineguale, perché chi è povero è relativamente molto più povero ed è destinato a restare tale.”

Notate: l’ineguaglianza italiana è quasi pari a quella degli USA o del Regno Unito ( in cui è ovviamente maggiore), ma quella di questi due paesi è più giusta perché controbilanciata da una maggiore “mobilità sociale” e dal “merito”.

Tutto ciò è detto più chiaramente nel pamphlet di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi “Il Liberismo è di sinistra”:

Poniamo ora una domanda per così dire “filosofica”. Supponiamo pure di riuscire a corregger queste distorsioni: è davvero migliore un mondo in cui la discriminazione dipende dal merito? E’ desiderabile una società nella quale, come negli USA e in Gran Bretagna, i differenziali salariali tra coloro che lavorano sulla frontiera della tecnologia e i comuni mortali, o semplicemente i meno dotati di intelligenza, si allargano a vista d’occhio ? La risposta dipende inevitabilmente dai valori in cui ciascuno crede. E’ legittimo obiettare alla discriminazione fondata sul merito (anche se per quel che ci riguarda non esiste un sistema più equo), ma discriminare in base al merito è certamente preferibile che discriminare in base al censo. Non solo: se la meritocrazia produce disuguaglianze troppo estreme, le si può in parte correggere con un sistema di tassazione e di welfare efficiente, cosa che l’Italia non fa”3 Non si può non riconoscere l’onestà intellettuale di queste parole, gli autori riconoscono che la risposta alle loro domande dipende dai valori in cui ciascuno crede, ma in maniera ingenua non comprendono quali possano essere le obiezioni alla meritocrazia.

La meritocrazia, così coniugata, come il mezzo per selezionare la classe dirigente e “giustificare” le ineguaglianze, non è né di destra né di sinistra, è semplicemente “antidemocratica”. Infatti, la prima forma di governo meritocratico (per inciso il termine meritocrazia significa “potere del merito”) è tratteggiata nella Repubblica di Platone. Immaginiamo una società così come la tratteggiano i nostri autori: la scuola e l’università selezionano i migliori che governeranno la città (che vada intesa così lo chiarisce, tra gli altri, un altro passo del libro di Alesina e Giavazzi 4). Ma il problema è che una società così disegnata non è una “società aperta”5. Infatti, il presupposto della “società aperta” è che non si sappia a priori quali siano le caratteristiche della classe dirigente. Detto in altri termini, se la classe dirigente di oggi tende a perpetuare, attraverso il riconoscimento del merito, i suoi valori, essa tende diventare “statica”. Inoltre la frase citata del libro di Alesina e Giavazzi pone le discriminazioni (visti peraltro come differenziali salariali) come ineliminabili, lasciando la scelta tra selezionare per “merito” o per “censo”, ma la sinistra si caratterizza nel non accettare le discriminazioni, nasce per questo, per la verità anche la democrazia.

 

1 Lo Spin doctor - la cui traduzione secondo il dizionario della Oxford University Press suona "persona incaricata di presentare le scelte di un partito politico sotto una luce favorevole" - è una voce che nel corso del novecento è andata assumendo un significato deteriore. Poiché spin è il termine usato nel gioco del baseball per indicare il moto rotatorio o effetto impresso dal lanciatore alla palla, "spin doctor" è definizione che è venuta a indicare l'autore di raggiri o il manipolatore di parole o notizie. Con esso si indicano in politica sempre più spesso i portavoce e i consiglieri degli uomini politici e, a volte, gli stessi uomini politici. (wikipedia)

3 Alberto Alesina, Francesco Giavazzi- Il liberismo è di sinistra-Ed Il Saggiatore,pagg 41-42

4 “In Francia, un paese non certo di destra e baluardo(almeno fino ad oggi) dell’antiamericanismo europeo, la meritocrazia nelle grandes ecoles è rigidissima, e infatti tutto si può dire della Francia, tranne che non produca un’eccellente classe dirigente, andandola a scovare tra i meritevoli, indipendentemente dal censo.” pag. 31

5 Nel senso esplicito previsto da Karl Popper nella “Società aperta ed i suoi nemici”. E’, infatti vero che il nemico per Popper è la “Statolatria” e l’obiettivo è la difesa dell’individuo , ma la critica alla “società perfetta” rimane, così come rimane il problema del cambiamento e della diversità nelle società e nelle classi dirigenti.