Ancora sulla riforma della scuola e non solo: il tema degli incentivi

Ritorno nel dibattito sul DDL di riforma della scuola del governo, do per scontato che si sia letto il post , per sottolineare un punto della “filosofia” che sottintende alla riforma che mi pare assai carente per capacità di analisi della realtà.

La Riforma ed i suoi materiali ispiratori sono legati a studi di economia e management, sono i meritocrati, e nella “filosofia” del testo mostrano tutta la loro formazione ed i limiti dei loro studi.

La riforma mira a, nelle dichiarazioni in realtà abbiamo visto lo scopo ultimo nel mio precedente post segnalato sopra, migliorare le performance del sistema di formazione nel suo complesso e delle singole scuole. Per raggiungere questo obiettivo si interviene sulla figura centrale del processo di apprendimento: il docente. Il presupposto è che il docente, inteso come essere razionale e motivato dal proprio interesse (homo economicus), sia indotto a migliorare se incentivato a farlo (premiato per il comportamento desiderato) e disincentivato nei suoi comportamenti negativi mediante dei disincentivi (punizioni). Insomma sottoponendo a “valutazione” la performance del docente si possono indurre miglioramenti e scoraggiare comportamenti dannosi. E' ovvio che nessuno vuole essere punito e tutti vogliamo ricevere delle ricompense, per cui adegueremo i nostri comportamenti di conseguenza. E' ovvio appunto, ma anche molto banale ritenere che il comportamento umano sia guidato esclusivamente da ricompense e punizioni (c'è qui il ricordo, ma vago ed impreciso delle teorie comportamentiste), eppure l'economia, almeno quella mainstream è legata al modello dell'homo economicus e non può staccarsene con il rischio che cada tutto. Naturalmente anche l'economista sa che così non è, e che l'homo economicus è solo un modello approssimativo utile, ma artificiale1.

Ai nostri meritocrati che hanno costruito un'organizzazione che mobilita “l'intelligenza collettiva al servizio dell'Italia” sarebbero bastata l'intelligenza individuale e dei migliori studi, magari in Università Pubbliche, per scoprire il lavoro di Bruno Frey e magari vedere che le cose sono un po' più complicate di quanto non sembri. Bruno Frey è professore di economia all'Università di Zurigo e, nel suo studio “Non solo per denaro” edizioni Bruno Mondadori, si occupa delle motivazioni dell'agire umano, in particolare si occupa di quelle disinteressate, visto che per quelle interessate ci sono i “meritocrati”2.

Infatti, osserva Bruno Frey,: “Le persone agiscono solo perché mosse dal desiderio di ottenere un guadagno monetario? Lavorano solo perché sono pagate per farlo? Io sono convinto che non sia cosi: le persone intraprendono molte azioni semplicemente perché provano piacere nel farlo. E djrò di più: esistono circostanze in cui una significativa ricompensa di tipo monetario può estromettere quelle che chiamerò “motivazioni intrinseche all’azione”. Offrire uno stipendio più alto, dunque, può indurre un minore impegno e una riduzione della performance.

Queste idee sono in contraddizione con la teoria economica convenzionale. Non solo per denaro sviluppa infatti una teoria delle motivazioni umane che é allo stesso tempo più generale e, relativamente ad alcune importanti questioni, in contraddizione l’economia che viene normalmente insegnata nelle università. Le motivazioni umane non si riducono ai soli incentivi monetari Oltre alle motivazioni estrinseche, indotte dall’esterno, vi è il fondamentale ruolo delle motivazioni intrinseche.”

Insomma, secondo il professor Frey, l'uomo agisce spinto da molte motivazioni non “monetarie”, d'altronde anche l'economia classica parte da una definizione dell'utile che parte da “motivazioni intrinseche”, ovvero assume che noi si agisca per interesse, ma cosa sia il nostro interesse non è indagabile, non è confrontabile ed è personale.

Ora naturalmente gli incentivi monetari hanno un'influenza non indifferente. In molte attività, specie quelle faticose, routinarie, poco creative, con scarse riconoscibilità sociale, insomma “alienanti” la “motivazione estrinseca” diventa fondamentale, ma anche in queste attività, raggiunta una stabilità economica, intervengono “motivazioni intrinseche” che migliorano o peggiorano la performance, ad esempio anche nei lavori più faticosi che si fanno solo per bisogno economico c'è, o ci può essere, ad esempio la soddisfazione di essere ben giudicati dai compagni di lavoro, ovvero una “motivazione estrinseca”, ma non monetaria3.

Il problema è che “motivazioni estrinseche” e “motivazioni intrinseche” interagiscono tra loro. Talvolta l'introduzione di incentivi monetari in un lavoro può far diminuire la “motivazione intrinseca”, Frey chiama questo effetto “crowding-out”. Invece, alle volte, a determinate condizioni, gli incentivi monetari possono far aumentare la “motivazione intrinseca”, Frey chiama questo effetto “crowding-in”.

Qualche banale esempio, tratto dal libro di Bruno Frey, per illustrare il senso della questione.

Immaginate una situazione come 1a seguente:

Un ragazzo ha buoni rapporti con i propri genitori e falcia volentieri il prato della casa di famiglia. Il padre decide cosi di offrirgli un compenso in denaro ogniqualvolta lui falcerà i1 prato. [Caso 1]

Quale effetto avrà 1a decisione del padre sul comportamento del figlio? Probabilmente il ragazzo continuerà a falciare i1 prato fin tanto che i1 padre lo pagherà per farlo. Ma allo stesso tempo egli potrebbe essere indotto a non prestare il suo aiuto per altri lavori domestici se non dietro il pagamento di un compenso monetario. Si può osservare come all’interno di famiglie comuni il ricorso a compensi monetari per servizi di questo tipo sia raro.”

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Una situazione come la seguente è sicuramente più comune:

A una ragazza il padre regala una bicicletta perché è stata d’aiuto nei lavori di casa, per esempio falciando i1 prato. [Caso 1a]

Ci si può' aspettare che un pagamento non specifico (non attinente alla prestazione di un particolare servizio) come questo indurrà la ragazza a contribuire con piacere ai lavori domestici.”

Gli esempi illustrano l'effetto crowding-out (il ragazzo continua a falciare il prato, ma in cambio di un compenso monetario (motivazione estrinseca) che ha sostituito il piacere che aveva a farlo (motivazione intrinseca)) e l'effetto spill-over, ovvero ora il ragazzo si attende un compenso monetario anche per gli altri lavoretti che potrebbero essergli richiesti (l'effetto crowding-out si estende ad altri ambiti oltre che a quello diretto). Nel secondo caso invece il “regalo” (motivazione estrinseca) della bicicletta rafforza la “buona volontà” (motivazioni intrinseca) della ragazza (effetto crowding-in).

Ancora da Frey

Alcuni professori di un’università (statale), particolarmente attivi nel loro lavoro, insegnano per più delle otto ore per settimana richieste. Altri professori invece non si curano di questo dovere e insegnano per meno delle ore richieste. Il Ministero della pubblica istruzione introduce allora una regolamentazione generale che prevede uno stretto controllo delle ore di insegnamento offerte da tutti i professori. [Caso 3]

Cosa potrebbe accadere in questo caso? Ci si potrebbe aspettare (e l’autore dispone di un’evidenza certa al proposito) che i professori particolarmente impegnati reagiscano riducendo le loro ore di insegnamento al minimo richiesto. Essendo consapevoli di questo rischio, amministratori capaci si sforzeranno di non emanare norme indifferenziate, che riguardino sia i professori impegnati sia quelli pigri, ma cercheranno piuttosto di limitare l’attività di controllo a quei professori con una scarsa motivazione E ciò in linea con il caso 3a:

Alcuni professori universitari vengono chiamati dal Ministero della pubblica istruzione a costituire una delegazione ufficiale che prenderà parte a un' mportante conferenza che si terrà in una città molto bella [Caso 3a]

Sarebbe difficile immaginare una ragione per cui un intervento di questo tipo possa ridurre la motivazione al lavoro dei professori. Al contrario, l’essere stati selezionati per un compito così particolare sarà con tutta probabilità percepito come un apprezzamento, e ciò indurrà i professori diligenti a impegnarsi ancora di più nel loro lavoro.”

Basta con gli esempi non vorrei si pensasse che il lavoro di Bruno Frey si limiti a semplici esempi di buon senso.

Di fatto la psicologia conosce quello che viene definito “costo latente del compenso”, ovvero che, a particolari condizioni, l'introduzione di un compenso può ridurre la performance anziché aumentarla o, il che è lo stesso che l'incremento della performance è minore al costo del compenso.

Quale possono essere le cause del “costo latente del compenso”

Il costo latente del compenso può essere attribuito a tre processi psicologici:

Limitazione dell’autodeterminazione: quando gli individui percepiscono un intervento esterno come finalizzato a ridurre la possibilità di autodeterminarsi, sostituiscono la motivazione intrinseca con il controllo estrinseco. Come sostiene J. Rotter [1966] il controllo è spostato dall’interno all’esterno della persona. Gli individui non sono più interessati a sentirsi responsabili per se stessi e attribuiscono tale responsabilità alla persona o all'istituzione che interviene dall’esterno. Il caso del sistema dei buoni è un buon esempio di questo trasferimento del controllo.

2. Limitazione dell'autostima: quando un intervento dall’esterno viene percepito come il segnale che la motivazione intrinseca della persona non viene riconosciuta, la motivazione intrinseca viene rifiutata. La persona ha l’impressione che il proprio coinvolgimento e le proprie competenze non siano apprezzate e ciò ne riduce i1 valore. Quando qualcuno offre un compenso o esercita una qualche forma di controllo esterno su una persona intrinsecamente motivata, questa viene privata della possibilità di mostrare i1 proprio interesse e il proprio coinvolgimento in una attività, e questa riduzione dell’autostima4 ha come effetto una conseguente riduzione dell’impegno.

3. Limitazione della possibilità di esprimersi: una persona che agisce sulla base di motivazioni intrinseche viene privata della possibilità di manifestare tale motivazione agli altri. Essa esibirà

una “rabbia altruistica” e rinuncerà alla motivazione intrinseca comportandosi in modo conforme alle motivazioni esterne.

Tra questi processi vi è una forte interdipendenza, oltre che una parziale sovrapposizione. In tutti e tre i casi, comunque, gli incentivi esterni prendono i1 posto della motivazione intrinseca.

Individui costretti, attraverso un intervento esterno, a comportarsi in un certo modo si sentirebbero “sovragiustificati” se mantenessero la propria motivazione intrinseca (effetto “sovragiustificazione”). Mostrando un comportamento perfettamente razionale, essi riducono i1 peso del fattore che è direttamente sotto il loro controllo: la motivazione intrinseca risulta cosi non più necessaria e il comportamento passa sotto i1 controllo esterno.”

Non mi sembra il caso di proseguire nella lettura di Frey che diviene, piano piano, sempre più tecnica ed esamina i casi in cui si realizzano gli effetti di crowding-out, di crowding-in w spill-over, oltre ad un'applicazione della teoria all'effetto NIMBY. Il capitolo 10 s'intitola “Motivazioni al lavoro e politiche retributive” e sarebbe molto utile per l'argomento in questione, ma un'altra teoria afferma che esiste una correlazione positiva tra la lunghezza di un post su internet e la possibilità venga letto, il che suggerisce di rimandare altre considerazioni ad un'ulteriore post.

 

CONCLUSIONI TEMPORANEE

 

Lascio all'eventuale lettore che sia giunto sin qui l'applicazione di quanto letto al DDL di riforma della scuola, premettendo che, a mio avviso, gli estensori si siano qui e là imbattuti nei loro studi su queste questioni e che abbiano deciso di omettere di considerarle perché non interessati ad insegnanti in possesso forti motivazioni intrinseche, infatti è possibile anche rafforzare le motivazioni intrinseche (effetto crowding-in), ma basta leggere il DDL per vedere che l'effetto crowding-out è voluto, a meno di non voler considerare che chi ha steso il testo sia di un'ignoranza abissale.

Spero che chi ha letto sin qui abbia voglia di procurarsi il libro e leggerlo, garantisco il suo estremo interesse, la scorrevolezza della prosa, malgrado la complessità dell'argomento.

 

 

 

 

1Sulle questioni riguardanti l'homo economicus, e sulla sua stupidità, rimando agli studi di Amartya Sen.

2Per le questioni che qui saranno solo accennate e per la bibliografia di riferimento rimando al testo Bruno S.Frey “Non solo per denaro” Ed.Bruno Mondadori 2005

3Frey ha ben chiaro che la distinzione tra motivazione intrinseca ed estrinseca è labile e che tra le due vi è un'interazione forte, l'effetto “crodwing-out”, la sostituzione di una motivazione all'altra, o “crowding-in”, il rafforzamento di una delle due motivazione per effetto dell'altra, sono, infatti, il prodotto di questa interazione. Si raccomanda lo studio del testo per comprendere la complessità della questione.

4 Quella dell'autostima,pur non essendo una categoria utilizzata nella teoria economica, è considerata come centrale per gli esseri umani in altre discipline affini. Si veda, ad esempio, Rawls [1982] che considera l’autostima come il più importante tra i beni da lui definiti “primari” (nota dell'autore)