Sulla meritocrazia ottava parte

Davvero siete convinti che una società la cui selezione sia “meritocratica” permetta al talento di emergere a vantaggio di tutti? In realtà la storia sta li a dire di no. Basterebbe citare Verdi, non ammesso al Conservatorio, e se non bastasse citiamo l’inizio della carriera di Werner Heisemberg1 Se l’esame fosse stato un test e fosse stato necessario superare tutti gli argomenti con almeno la sufficienza, addio meccanica quantistica. Questo vuol dire che la scuola non deve valutare? No questo vuol dire che questa valutazione non deve essere troppo rigida nel determinare la carriera futura dei nostri giovani, non deve essere troppo precoce2 e deve prevedere la possibilità di percorsi articolati.
Mi permetto di citare l’articolo del prof. Malizia3, non pregiudizialmente contrario alla prospettiva meritocratica”4 che, mentre ragiona con la “meritocrazia” sottolinea come “I sostenitori del modello della meritocrazia pura si rendono conto che la gara per il conseguimento dei titoli potrebbe non essere imparziale nel senso che gli esiti scolastici potrebbero essere condizionati dal retroterra sociale ed economico delle famiglie degli studenti. A loro parere il problema è superabile mediante la previsione di borse di studio, cioè di incentivi economici, per gli studenti meritevoli, ma carenti delle necessarie risorse. Tuttavia, la concezione della meritocrazia pura non sembra rendersi conto che la gara potrebbe essere truccata per altre ragioni più complesse di quelle finanziarie quali: le carenze culturali dello studente che la scuola non percepisce perché scambia l’eredità culturale con i talenti; o un atteggiamento discriminatorio nei confronti delle culture altre degli strati socialmente svantaggiati; o la premiazione di un talento che non è attribuibile allo sforzo dello studente che ne è in possesso.”
E’ proprio di questo, infine, si tratta: la meritocrazia non funziona perché, almeno declinata come fa l’Ing. Abravanel5, una società che affida alla scuola esclusivamente il ruolo di “selezione per merito” tenderebbe a valutare quello che la società del momento ritiene rilevante e riproporrebbe una società “statica”, gerarchica6 nella quale il talento autentico stenterebbe a manifestarsi e, probabilmente sarebbe “soppresso”. Un aneddoto divertente: si narra che nell’800, prima del ’68, ed in Germania un maestro di scuola elementare, non avendo voglia di far lezione, abbia assegnato ai suoi alunni un compito: contrare tutti i numeri da 1 a 100. Così facendo pensava di disporre di quell’oretta per farsi gli affari suoi, ma un alunno dopo un paio di minuti rispose: 5050. Naturalmente fu ampiamente sgridato, gli si disse di non provare a fare il furbo, di non tentare di tirare ad indovinare. Il maestro deciso a fare giustizia di quell’impertinente fece il calcolo, figuratevi la meraviglia quando scoprì, dopo un’oretta, che faceva 5050. Chiesto all’allievo come avesse fatto, l’allievo spiegò che aveva osservato che, se si associano i numeri equidistanti dagli estremi si ottiene sempre 101; poiché le coppie sono ovviamente in numero di 50, la somma è, banalmente, 5050, un calcolo facile da fare a mente. L’alunno era Carl Friedrich Gauss7 e ci si chiede come se la sarebbe cavata con dei test preconfezionati.
Una società che, affidato alla scuola il ruolo di selezionare i “migliori”, offra poi formazione differenziata (di alta qualità per i migliori, di mera socializzazione per i “peggiori”8) mi sembra un progetto di “direzione tecnocratica” della società inconciliabile con una visione liberale della vita. Sostenere che esista una classe dirigente “omogenea” per capacità, selezionata per merito ed una massa di “mediocri”, costituenti forza lavoro dequalificata, è l’incubo che Young prefigurava e che portava alla rivolta del 20339.

1La storia inizia quando Heisemberg decide di iscriversi in Matematica, così lo scienziato descrive l’incontro con Lindemann: “Quando però mi trovai di fronte al grand’uomo, in uno studio al pianoterra, molto buio, arredato in modo antiquato e impersonale, provai immediatamente una sensazione di grande oppressione. Prima di riuscire a spiccicare una parola, mentre il professore si alzava con estrema lentezza dal suo seggiolone, vidi che sulla sua scrivania era accucciato un cagnolino nero. Mi venne in mente che anche Faust aveva un cagnolino nel suo studio. L 'animale, poi, mi fissava con un atteggiamento inequivocabilmente ostile. Sentendomi un intruso, un seccatore venuto a turbare la tranquillità del suo padrone, cominciai a balbettare qualcosa; e mentre così balbettavo mi resi conto dell'offensiva presunzione che stava dietro la mia richiesta. Si vedeva chiaramente che anche Lindemann, un vecchio signore dall'aria stanca, con la barba bianca, era di quest’avviso; e il cane, percependo probabilmente la sua irritazione, cominciò ad abbaiare senza sosta. Il professore cercò di calmarlo, ma senza risultato: l'animale sembrava colto da un accesso isterico, e per sentirci bisognava alzare la voce. Lindemann mi chiese cosa avessi letto ultimamente, e io gli citai Spazio, tempo e materia di Weyl. Come a un segnale, il cane smise di colpo di abbaiare. “In questo caso - sentenziò Lindemann - è chiaro che la matematica non fa per lei”, e con un cenno mi lasciò intendere che il colloquio era concluso.”
Prosegue con la laurea in fisica in cui Heisemberg riporta un III, poco più della sufficienza, risultato che è la media tra I con Sommerfeld e la bocciatura con V in fisica sperimentale di Wien. E sembra che Wien avesse anche le sue ragioni, a quanto si dice, Heisemberg ebbe difficoltà a spiegare come funzionasse una batteria (Manjit Kumar- Quantum-Mondadori 2010 pg. 181)

2Non commento nemmeno la frase di Abravanel “ricerche approfondite evidenziano come la performance di un bambino di sette anni in lettura/scrittura offra un’ottima previsione del suo reddito a trentasette anni” (p. 83), ma la sottolineo.

3Gugliemo Malizia è professore emerito, già ordinario di Sociologia dell’educazione presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma. Il documento, “Il rapporto equità/merito nel sistema italiano di istruzione
e di formazione” su cui si attira l’attenzione è prelevabile http://www.cnos-fap.it/index2.php?option=com_docman&task=doc_view&gid=2271&Itemid=9
Si può utilmente leggere sullo stesso argomento e dello stesso orientamento culturale Elena Besozzi Senso e significati dell’istruzione e della scuola oggi tra equità, merito e valorizzazione della differenza prelevabile qui http://www.cnos-scuola.it/newsletter/allegati/aprile/07_CEI/07_b_Besozzi...

4Malizia op.cit. “Recentemente la parola equità si sta affermando sempre di più nella letteratura scientifica e nel dibattito politico al posto del termine eguaglianza (Benadusi, 2006; Ribolzi, 2009; Bottani, 2009). Alcuni autori hanno interpretato questo andamento come una manifestazione significativa del processo in atto nel mondo occidentale che avrebbe portato gradualmente, per opera dei partiti e dei movimenti neo-conservatori di destra, al superamento degli ideali egualitari, tanto esaltati nelle decadi ’60 e ’70. Per altri studiosi e, a mio parere, più correttamente si tratta invece della riproposizione in forma nuova della questione tradizionale della diseguaglianza.” Inutile dire che personalmente seguo “alcuni autori”, ma preferisco citare, e leggere, chi la pensa diversamente da me e nel caso di Malizia potrebbe aver ragione lui: i meritocratici potrebbero costringerci a porre in un’ottica diversa un problema trascurato

5Non sapevo se metter questa nota, non mi piacciono gli argomenti ad hominem, ma il pensiero dell’Ing. Abravanel e del Ministro Gelmini che parlano di “mobilità sociale” e “merito” è irresistibilmente comico. Ancora ci domandiamo per quali meriti il Ministro sia Ministro (nel suo partito, ad esempio, Valentina Aprea aveva sicuramente molti maggiori meriti). Forse scandalizzata dal fatto di essere diventata Ministro, l’Avv. Gelmini vuole garantire che nel futuro ciò non accada più. Se così fosse e si potesse garantire sarei disposto a valutare meglio la “meritocrazia” .
Chi volesse confrontare i curricula del Ministro Gelmini e dell’on. Aprea può
http://it.wikipedia.org/wiki/Valentina_Aprea
http://www.camera.it/29?shadow_deputato=35050
http://it.wikipedia.org/wiki/Mariastella_Gelmini
http://www.governo.it/Governo/Biografie/ministri/Gelmini_Mariastella.html

6Oserei dire se non suonasse come insulto, fascista, nel senso della scuola prefigurata da Gentile: una scuola in cui ciascuno avesse il suo. In fondo Gentile resta il modello di qualunque meritocrazia. Ovviamente sto insultando Gentile, mai avrebbe pensato ad una scuola come giustificazione dei “differenziali salariali”.

7E se c’è un esempio di merito premiato e mobilità sociale, Gauss lo è.

8Abravanel “Avere un sistema di testing efficace (come in tutte le società più avanzate) permetterà di focalizzare i finanziamenti su pochi atenei di eccellenza tra i 70 “aspiranti MIT e Harvard” italiani, assegnando agli studenti che hanno avuto i migliori risultati ai test della fine delle superiori dei voucher da spendere nelle Università, che inevitabilmente saranno quelle di eccellenza. Si otterrà finalmente un “quasi libero mercato” e si innescherà una concorrenza tra gli atenei, che concorreranno per i migliori docenti, ovvero quelli che attraggono i migliori studenti. Si realizzerà così anche la necessaria separazione tra poche università d’eccellenza, che offriranno didattica e ricerca, e le università di sola didattica, che cercheranno di formare laureati triennali pronti per inserirsi nel mondo del lavoro grazie a una didattica meno orientata a un nozionismo fine a se stesso e più all’intelligenza emotiva (un corso in meno di finanza o chimica, e più formazione per imparare a ragionare, risolvere problemi, comunicare e interagire con gli altri).”

9In questo senso la critica di Lucio Russo-Segmenti e bastoncini è calzante, pregnante. La meritocrazia di Abravanel ha, tra gli altri demeriti, quello di non capire cosa si debba imparare e come; è un metodo sociologico e politologico, non pedagogico. La provenienza culturale dei sostenitori (dal mondo degli “analisti simbolici”) impedisce loro la comprensione di qualsiasi problematica culturale (Lasch diceva: “Persino il concetto di “repubblica delle lettere”, che sarebbe abbastanza logico attendersi in una èlite così interessata all’istruzione superiore, è quasi completamente assente dal suo quadro di riferimento.”).