Sulla meritocrazia terza parte

Cambiamo discorso, anche se molto resterebbe da dire.

Alesina e Giavazzi scrivono:

In Italia dunque non abbiamo né un sistema fondato sulla meritocrazia né un sistema fondato sull’uguaglianza; viviamo in un’anomalia inquietante in cui prevalgono sia l’ingiustizia sia lo scarso merito. Ciò che serve è l’esatto opposto:premiare il merito proteggendo chi davvero ne ha bisogno. La sinistra, terrorizzata dall’idea di toccare certe lobby e certi “mostri culturali” sacri, come il diritto allo studio, che di fatto cela una profonda mediocrità, finisce per difendere l’ineguaglianza e l’inefficienza.”1

Abravanel scrive, nel suo sito:

Tutto il sistema educativo italiano sembra ormai orientato a eliminare la trasparenza sul rendimento degli studenti, a partire dagli stessi genitori che privilegiano un voto positivo non meritato piuttosto che un’insufficienza meritata, per finire con gli insegnanti che, di fronte ai rari tentativi dell’INVALSI di lanciare test nazionali standard, hanno spesso sabotato pubblicamente l’iniziativa, suggerendo le risposte agli studenti, nel timore che risultati negativi sarebbero stati interpretati come conseguenza del loro scarso merito di insegnanti. Tale preoccupazione è peraltro più che giustificata, perché è ormai dimostrato che la qualità di ogni sistema educativo dipende dalla qualità degli insegnanti, e non da quanto si spende e dalla dimensione delle classi.”

Ohi, ohi, che caduta di stile, questi sembrano degli “argumentum ad hominem”, se non “ad personam”

Abravanel:

  1. Gli insegnanti hanno sabotato le prove INVALSI (affermazione del tutto priva di prove, generica e vagamente diffamatoria)

  2. L’hanno fatto perché avevano paura che i loro alunni andassero male e loro fossero giudicati responsabili

  3. Loro sono responsabili “

Quello di Alesina e Giavazzi è più raffinato:

  1. La sinistra non accetta la meritocrazia perché non vuol toccare alcuni concetti;

  2. Questi concetti celano la mediocrità (dei concetti o della sinistra?).

Non mi piacciono gli argomenti ad hominem, ma ne riconosco il diritto di esistenza all’interno di una discussione con cenni polemici, per cui li userò anch’io e chissà che qualcuno non tocchi nel segno, ma prima segnalo un intervento rintracciabile su internet di critica della meritocrazia che non è frutto della mediocrità di chi lo pone2

Un primo argomento polemico Abravanel nel suo sito scrive:

Sir Michael Young, il laburista inglese che nel 1954 creò il termine “meritocrazia”, ha inventato l’“equazione del merito”: I+E=M, dove “I” è l’intelligenza (cognitiva ed emotiva, non solo l’IQ) ed “E” significa “effort”, ovvero gli sforzi dei migliori. La “I” porta a selezionare i migliori molto presto, azzerando i privilegi della nascita e valorizzandoli attraverso il sistema educativo: è l’essenza delle “pari opportunità”. La “E” è sinonimo del libero mercato e della concorrenza che, sino a prova contraria, sono il metodo più efficace per creare gli incentivi economici per i migliori.”

Ignora chi sia Young? Ignora quello che Young voleva dire con il suo romanzo? Ignora che Young diffidò, con un articolo pubblico sul Guardian, Tony Blair dal tirarlo in campo per la meritocrazia3?

Young scrive: It is highly unlikely the prime minister has read the book, but he has caught on to the word without realising the dangers of what he is advocating.” Ovvero “E’ molto improbabile che il primo ministro abbia letto il libro, ma ne ha preso la parola senza comprendere il pericolo che egli evocava”. Si può dire lo stesso dell’Ing. Abravanel? Temo di no, almeno secondo la recensione che appare su un blog in internet4: “Abravanel non comprende la struttura narrativa del libro di Young. Vi scorge due narratori, uno “giovane ed entusiasta, che illustra i vantaggi della meritocrazia”, l’altro – che coinciderebbe con l’autore – “più vecchio e più saggio, che di tanto in tanto lancia qualche ‘siluro’ ironico” (p. 54). Forse colto (sia pure fugacemente) dal dubbio che Young non abbia scritto esattamente ciò che a lui piacerebbe leggere, inventa una scissione narrativa inesistente per sterilizzare i dubbi che emergono anche dalla lettura più superficiale del libro e confinarli nella mente di un anziano e pedante osservatore che paventa pericoli immaginari e rischia con il suo allarmismo di offuscare lo splendore della meritocrazia. Partendo da questi presupposti, Abravanel capovolge completamente le tesi del sociologo inglese, e le trasforma nel primo manifesto dell’ideologia meritocratica.”5

Naturalmente non so se questo sia vero, temo di si, in questo caso l’Ing. Abravanel avrebbe seri problemi con i test INVALSI per la nostra scuola media che prevedono la comprensione del testo6

 

1Alesina, Giavazzi-op.cit. pag 43

2http://www.partitodemocratico.it/dettaglio/65646/il_merito_e_luguaglianza. Un articolo di Nadia Urbinati, Titolare della cattedra di Scienze Politiche alla Columbia University di New York sulla difficoltà della “meritocrazia”.

4Per quanto segue ho utilizzato un articolo di Mauro Boarelli rintracciabile qui http://www.lostraniero.net/archivio-2010/116-aprile-n-118/295-linganno-d...

6Mi domando quanti dei “meritocratici” abbiano saggiato personalmente la bontà dei test proposti ai nostri ragazzi.